GRAZIE! – di Marco Damilano, da Lost in politics, Espresso.it

GRAZIE.
Mario Barbi, Gabriele De Giorgi, Andrea Morrone, Renato
Balduzzi, 
Roberto Bertinetti, Francesco Clementi, Gian Candido De
Martin Topranin,
 Edoardo Carlo Raffiotta, Lara Trucco, Diletta Tega,
Salvatore Vassallo,
 Sofia Ventura.

Augusto Barbera, Roberto Bin, Gianluca Borghi, Alfonso
Celotto, Antonio 

Cerri, Pasquale Costanzo, Salvatore Curreri, Antonio
D’Aloia, Gianmario 
Demuro, Giampiero Di Plinio, Filippo Donati, Carlo Fusaro,
Gad Lerner, 
Stelio Mangiameli, Luca Mezzetti, Angelo Panebianco,
Stefano Pizzorno, 
Angelo Rinella, Antonio Ruggeri, Maria Paola Viviani
Schlein, Alessandro
 Torre.
Chi di voi li conosce? A parte Gad Lerner e qualcun altro
sono nomi 
pressochè sconosciuti al pubblico. Costituzionalisti
(Morrone, Barbera, 
Balduzzi, De Martin, Clementi), politologi (Panebianco,
Ventura), solo 
due parlamentari (l’ulivista doc Mario Barbi e Vassallo).
Cittadini 
comuni, italiani normali che oggi vanno ringraziati. Sono
loro che hanno

 composto il comitato promotore dei referendum per
cancellare la legge 
elettorale Porcellum. E dunque è loro, prima di tutto, il
merito di aver
 raccolto un milione 210mila 406 firme. Un miracolo.
Va detto perché in queste ore è già partito il salto sul
banchetto 
del vincitore. Eppure le firme sono state raccolte in gran
parte 
nell’ultimo mese (all’inizio di settembre erano circa
60mila), senza tv e
 giornali, lontano da centri economici e macchine
organizzative: solo 
Idv e Sinistra e libertà hanno aderito ufficialmente, il Pd
all’inizio 
ha provato a contrastare la raccolta delle firme
teorizzando che un 
partito non può promuovere i referendum (mah), poi, quando
si è accorto 

che gli elettori democratici si accalcavano per firmare ha
compiuto il 
più classico dei contrordine compagni e si è accodato. 
Il milione e oltre di cittadini che hanno firmato sono la
migliore 
risposta alla crisi che stiamo attraversando da mesi. È
come se la 
classe dirigente di fronte all’agonia del berlusconismo si
proponesse di
 ereditare, non di cambiare. Nel Pdl cercano il delfino che
convinca B. a
 fare il passo indietro. Tra i poteri forti che hanno
sostenuto il 
centrodestra in tutti questi anni, dalla Confindustria alla
Chiesa, 
l’exit strategy è una gigantesca operazione trasformistica
che consenta 
di preservare il patromonio cambiando cavallo. E nel Pd, il
partito che 

dovrebbe più di tutti essere interessato a scuotere
l’albero, c’è al 
contrario il panico per qualsiasi iniziativa che smuova le
acque 
imputridite. Bersani è convinto che si possono vincere le
elezioni 
restando fermi, senza fare nulla, ci penserà il
centrodestra a costruire
 la sconfitta da solo. Anche lui vuole ereditare, non
cambiare. Un 
errore letale.
Per questo i cittadini che hanno pacificamente invaso i
banchetti 
referendari sono una novità dirompente nella politica
italiana, come 
furono i referendum Segni nel 1991-93 in un’altra
situazione di stallo 
del sistema. Sono una rivolta silenziosa e morale verso i
giochetti e le

 prudenze dei partiti. Rappresentano una domanda di
politica, un’estrema
 concessione di fiducia verso la politica. 
Ora bisogna che quei cittadini vengano ascoltati, prima che
«la 
rabbia si trasformi in rivolta, non solo morale», avverte
oggi in 
un’intervista su “Avvenire” il presidente del comitato
promotore Arturo 
Parisi. Il professore sardo, schivo, uno che non ha mai
contrabbandato 
le sue convinzioni con le opportunità, un uomo di
movimento, un uomo di 
Stato, non di partito. In quindici anni si devono a lui le
poche 
innovazioni positive della politica italiana: i referendum
elettorali, 
l’Ulivo, le primarie. Ora quest’altro successo, conquistato
in totale 

solitudine nel suo partito, il Pd. A dimostrazione che si
possono avere 
soldi, organizzazione, fondazioni ed essere completamente
sterili. E 
essere soli e vincere lo stesso, perché si ha un progetto.
Grazie, professor Parisi. E ora avanti.
da l’espresso di Marco Damilano 01.10.11